La guerra esplosa poco lontana dal centro dell’Europa è apparsa subito come un evento inaspettato, sorprendendo e aprendo scenari che solo poche ore prima sembravano frutto della peggior fantasia possibile. Le colpe sono subito state addossate alla Russia di Putin che, sbagliando ogni strategia possibile, ha operato come un aggressore sconsiderato e violento. Il Presidente ucraino Zelensky invece è riuscito a creare intorno a se un alone di eroismo che tanto piace al mondo occidentale. Ma è tutto come appare?
Cerchiamo, in breve, di fare un attimo di chiarezza senza stupide partigianerie di sorta ne, tantomeno, schierandosi per qualcosa che non sia la pace. Ecco, questo è il punto focale della questione. Per fare in modo che la pace fosse mantenuta in quei territori, è stato proprio fatto di tutto? E ancora, gli attori che sembrano tanto ben delineati nelle loro interpretazioni di buoni e cattivi sono in realtà quello che appaiono? Cosa occorre fare per fermare i venti di guerra e riportare almeno la quiete in quella parte del mondo che sembrava dimenticata dalle cronache prima dell’invasione?
Tre domande. Tre domande a cui va risposto in maniera chiara e, per quanto possibile, semplice nonostante le variabili in atto siano diverse nelle logiche e nel peso.
In primo luogo occorre riconoscere, e sono i fatti che lo dicono, che per molto tempo - anni per la verità - da parte delle forze Nato è stata messa in piedi una strategia che ha cercato di limitare territorialmente l’influenza russa sino a tentare di mettere in atto una sorta di accerchiamento che le impedisse qualsivoglia azione (solo militare?) non concordata con le forze atlantiche (leggi USA). Per la verità la strategia si è poggiata, in maniera ben salda, sull’idea che fossimo noi, occidentali, i portatori della bandiera della libertà proni a donarla, in maniera missionaria, a quei popoli che si liberavano dall’oppressione derivante dall’ex area di influenza dell’Unione Sovietica. È evidente che tale patina di buonismo e altruismo nasconde anche interessi di notevole portata, sia energetici che strettamente finanziari, tra le cui braccia diversi governi (e governanti) si sono abbandonati con il miraggio di oasi felici, interessi personali e costi iniqui. Tutto ciò è andato avanti dallo sfaldamento della ex URSS sino ad arrivare al tentativo di inglobare all’interno del Patto (magari utilizzando l’Unione Europea come grimaldello) uno dei territori più “cari” alla Russia, quella Ucraina che in maniera non proprio limpida aveva portato al governo l’attore che in una ficton molto famosa nel paese aveva interpretato proprio un tipo moralmente irreprensibile, buono e pronto per il prossimo che, inaspettatamente, diventava Presidente dell’Ucraina!
Non dimentichiamo poi, e questo è un aspetto non proprio secondario, la nebbia che copre la democrazia di Kiev e quel che è accaduto in questi anni nella regione filo-russa del Dombass. Ecco, se già allora, ci si fosse accorti della miccia che si stava innescando forse a questo non ci saremmo arrivati. Non è un caso, infatti che la Russia ha utilizzato questo caso come detonatore della crisi. Putin, resosi conto di quanto stava avvenendo intorno a lui già da un po’ e considerate anche le situazioni interne, ha prima annesso la Crimea e quindi ha dato vita a quella che a suo dire è strategia di difesa.
Adesso, e qui vogliamo esser chiari, occorrerebbe una forte, ma forte sul serio azione di pressione sui contendenti (e non solo) affinché tutti prendano atto dello stato delle cose.
Continuare ad armare Zelensky che persevera nel proprio tour mediatico ricco di applausi nei parlamenti di mezzo mondo - ormai del tutto assorbito dalla sua interpretazione dell’eroe guerriero - è un errore di portata enorme che rischia di delineare drammatici scenari da cui non è più possibile tornare indietro. E poi, sembra tanto sconvolgente una neutralità dichiarata dell’Ucraina, il non potenziamento di armamenti Nato sul territorio e il riconoscimento di autonomia di territori che, tra l’altro, con l’Ucraina nemmeno pare che vogliano stare?
Dall’altro lato occorre che la Russia comprenda (e qui molto può giocare la Cina) che la propria scellerata e perseverante azione la conduce verso un isolamento, anche successivo alla fine del conflitto, che produrrà un’inevitabile degenerazione sociale con enormi ripercussioni interne.
Occorre quindi la massima diplomazia possibile in un contesto dove anche gli aggressori possono vantare sostanziali motivi di difesa del proprio sistema. L’Ucraina è un terreno di scontro ben più ampio di quanto appaia e, proprio per questo motivo, necessita di estremo realismo e opportuna cautela. Non per niente la Santa Sede sta mantenendo un profilo decisamente cauto e le sue politiche di mediazioni si stanno, presumibilmente e opportunamente, spingendo verso tutte le direzioni possibili in un nascosto lavorio.
Se poi, gli estremi difensori del ciò che appare (non di ciò che è) preferiscono portare avanti piani irrealizzabili nonostante questi conducano a distruzioni e drammi ben più vasti di quelli a cui stiamo assistendo… è una scelta che non solo non condividiamo, ma persino condanniamo.
Pragmatismo? Realpolitik? Di certo concretezza e non fiction che conducono al buio!